Lavinia Fontana, la Pontificia Pittrice
Lavinia Fontana è stata una ritrattista italiana del tardo manierismo passata alla storia come la Pontificia Pittrice.
Un ritratto singolare
Al Musée du Chateau de Blois è conservato un quadro molto particolare, ritraente una fanciulla dall’aspetto inusuale di nome Antonietta Gonsalvus (o Gonzales). La ragazza era affetta da ipertricosi, una condizione patologica che determina la crescita di una folta peluria su tutto il corpo. Suo padre Petrus, che soffriva della medesima patologia, era originario di Tenerife, ma aveva vissuto gran parte della sua vita a Parigi, dove era approdato come “dono bizzarro” per la regina Caterina de’ Medici. Qui aveva sposato una delle donne più belle della corte francese da cui aveva avuto sei figlie e si dice che questa vicenda abbia ispirato la storia de “La bella e la bestia”. Dopo la morte di Caterina la famiglia era approdata in Italia e all’incirca nel 1595 la giovane Antonietta fu ritratta dalla più celebre pittrice bolognese: Lavinia Fontana.
Insieme a Sofonisba Anguissola, nata circa vent’anni prima di lei, Lavinia Fontana fu una delle prime donne ad affermarsi nel mondo della pittura e le sua capacità ebbero tale risonanza nella corte papale da farle guadagnare l’appellativo di Pontificia Pittrice. Il percorso di Lavinia iniziò però a Bologna, nella bottega di suo padre Prospero.
La pittrice di Gregorio XIII
Lavinia Fontana nacque nel 1552 e poté ben presto mostrare il suo talento. Fin dalla fanciullezza visse in un ambiente saturo di arte, di innovazione e cultura e ebbe occasione di affinarsi grazie all’influenza di artisti del calibro di Veronese, del Parmigianino e dei fratelli Carracci. Conscia del suo dono la ragazza non si lasciò fermare dai pregiudizi della sua epoca e riuscì in breve tempo a farsi un nome come ritrattista. Uno dei suoi più celebri dipinti fu il suo “Autoritratto alla spinetta” del 1577, che era una vera e proprio dichiarazione di intenti. Un pittore di nome Giovan Paolo Zappi aveva infatti chiesto la sua mano e Lavinia intendeva accettare ad una insindacabile condizione: poter continuare a lavorare. Sul fondo del dipinto, che rappresenta Lavinia mentre suona, si staglia netto un cavalletto, inequivocabile simbolo di come la donna vedeva il suo futuro. Zappi accettò
Nel tempo i ritratti di Lavinia divennero sempre più richiesti, ma la pittrice non si concentrò solo su questo tipo di opera, spaziando dai soggetti mitologici a quelli biblici. Le sue opere impressionarono tanto Gregorio XIII che il Pontefice la volle a Roma. Qui, attratti dalla cura dei dettagli di Lavinia, molti nobili esponenti della corte papale vollero farsi immortalare.
Una nozione che vale la pena di aggiungere è quella relativa alla vita privata di Lavinia, che ebbe ben undici figli. Per la sua costante cura verso la famiglia e verso la sua arte viene spesso considerata una capostipite delle madri lavoratrici.
Non solo ritratti
Le prima commissione pubblica arrivò nel 1584 . Realizzando la “Madonna Assunta di Ponte Santo e i santi Cassiano e Pier Crisologo” Lavinia sarebbe stata la prima donna a dipingere una pala d’altare. Seguirono diversi incarichi che culminarono in un compito particolarmente prestigioso: una pala con il Martirio di Santo Stefano, destinata alla basilica di San Paolo fuori le Mura. L’opera non è giunta fino a noi perché distrutta da un incendio, ma stando al biografo e pittore Giovanni Baglione fu un clamoroso insuccesso. C’è da dire che Baglione nella sua ” Le vite de’ pittori” non lesinò critiche ai suoi colleghi, lanciando i suoi strali in particolare su artisti come Caravaggio. Questo incidente in ogni caso non fermò Lavinia Fontana, che proseguì con la sua vastissima produzione di ritratti. L’ultimo quadro, Minerva in atto di abbigliarsi, risale al 1613.
Nell’ultimo periodo della sua vita Lavinia Fontana decise di ritirarsi in un monastero assieme al marito e morì a Roma nell’agosto del 1614.