Il Tempio di Artemide a Efeso
La quarta delle meraviglie è il tempio di Artemide a Efeso (attuale Turchia), la cui storia è antichissima, ricca di colpi di scena ma, soprattutto, confusa.
Una storia tormentata
Iniziamo con quello che si sa più o meno per certo. L’area in cui sorge il tempio era abitata già dalla tarda età del bronzo e l’esistenza di un culto risale all’epoca della prima arte greca.
L’edificio religioso, dapprima piuttosto semplice, viene distrutto e ricostruito più volte, acquistando man mano complessità. Durante il regno di Creso sulla Lidia viene costruito il primo grande Tempio di Artemide. Siamo più o meno nel 560 a.c. e la struttura è costruita, secondo il solito Plinio il Vecchio, in 120 anni con il “denaro di tutta l’Asia”.
Forse il buon Plinio esagera, ma quello che è certo è che il tempio fosse davvero di un’imponenza mai vista prima. Il grave problema è che le descrizioni delle fonti storiche sono sempre piuttosto nebulose, tanto che non si capisce se siano riferite a questa prima versione del tempio o a quella successiva.
Sì, perché il tempio finanziato da Creso viene distrutto da un incendio nel 356 a.c.
Erostrato
Per Cicerone, che cita lo storico greco Timeo di Tauromenio, il tempio viene suggestivamente bruciato la notte stessa della nascita di Alessandro Magno, il 21 luglio.
Ma chi è il responsabile della distruzione del primo tempio?
Non siamo di fronte a un cold case; infatti, il colpevole è noto fin dall’antichità: Erostrato.
Costui è un pastore che – probabilmente a causa di una testa che non l’aiuta molto – si è fissato di voler rendere il suo nome immortale. Con un gesto a suo modo molto moderno, decide di consegnarsi all’immortalità compiendo il teatrale gesto.
Il suo piano in un certo senso riesce, tanto che siamo qui a parlarne dopo 2500 anni, ma non certo per merito dei suoi concittadini. Questi, piuttosto irritati, lo condannano a morte e stabiliscono che il suo nome venga dimenticato. Alla memoria, però, non si comanda e complici Claudio Eliano, Strabone e Solino sappiamo ancora oggi con chi prendercela.
La ricostruzione
Nel 334 a.c. Alessandro Magno visita le rovine e si offre di finanziare la ricostruzione. Gli efesini, che non brillano per astuzia, rifiutano e poi iniziano a raccogliere donazioni per tirare su un nuovo tempio di Artemide. La ricostruzione termina nella prima metà del III secolo a.C e il nuovo edificio ricalca quasi del tutto quello distrutto.
Le modifiche sono diverse, ma l’aspetto e le dimensioni finali sono simili, 125,8 x 66,6 m sempre secondo il prezioso Plinio il Vecchio. Anche questa struttura, nonostante la protezione di Artemide, non ha una vita tranquilla; sopravvive a un incendio sotto Augusto, deve perfino subire le predicazioni del futuro San Paolo e finisce nuovamente distrutto nel 263 a causa dell’invasione dei Goti.
Quel che rimane
Le rovine sono all’epoca ancora imponenti, ma a quel punto il tempio segue la trafila di molte antiche meraviglie. I marmi sono depredati per costruire chiese, poi nel 401 avviene la definitiva distruzione, pare a opera di cristiani per ordine del vescovo Giovanni Crisostomo.
Il riconoscimento della posizione del tempio si deve a John Turtle Wood, che lo scoprì alla fine del 1869 e vi scavò fino al 1874, ma le rovine ancora visibili sono ben poca cosa.
Nelle foto alcune ricostruzioni più o meno attendibili, le rovine oggi e il rilievo di un rocchio di colonna conservato presso il British Museum di Londra.