Gli eremi di Roccamorice

Gli eremi di Roccamorice

Una delle caratteristiche dell’interno abruzzese è quella di essere costellato di eremi. Due dalla bellezza straordinaria sono situati nel comune di Roccamorice, in provincia di Pescara: L’eremo di San Bartolomeo in Legio e quello di Santo Spirito a Majella.

 

L’eremo di San Bartolomeo in Legio

Sorti in luoghi tanto impervi quanto suggestivi, questi ripari scavati nella nuda roccia ci riportano a quasi mille anni fa, quando ci si isolava dal mondo allo scopo di raggiungere un più completo contatto col divino. Quello di cui vi racconto questa volta è l’eremo di San Bartolomeo in Legio, nel comune di Roccamorice (CH).

Addirittura precedente all’XI secolo, il rifugio venne restaurato dal personaggio più iconico – se mi passate il termine – dell’Abruzzo del 1200: Pietro da Morrone. Il futuro papa Celestino V ci visse per circa 2 anni, dopo essere tornato da un fortunoso viaggio a piedi fino a Lione, allo scopo di incontrare il pontefice di allora per scongiurare la soppressione del suo ordine monastico. Sappiamo che nel 1320 l’eremo era ancora abitato, ma nel corso dei decenni successivi venne pian piano abbandonato.

Di Fernando Blasioli – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=48536326

Esso è costituito da una cappella, da due ambienti scavati nella roccia e da quattro scalinate, una delle quali è definita Scala Santa. La facciata della chiesa è affrescata, ma i dipinti sono stati danneggiati dal tempo e dalle intemperie. Al suo interno troviamo una statua lignea di San Bartolomeo con un coltello in mano e la propria pelle a tracolla – secondo la tradizione fu scuoiato vivo – e una polla d’acqua – una risorgenza del torrente Capo la Vena che si riteneva avere proprietà taumaturgiche.

All’eremo, incastonato su un versante del Vallone di S. Spirito, si può arrivare attraverso due sentieri, uno proveniente da Valle Giumentina e l’altro, che termina con una galleria scavata nella pietra, da Roccamorice.

Di Lucadideo – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=37456610

L’eremo di Santo Spirito a Majella

Situato nel comune di Roccamorice (PE) e con i ruderi di Castel Menardo sullo sfondo, l’eremo di Santo Spirito a Majella ci conduce indietro nei secoli. La struttura ebbe l’autonomia e lo status di monastero nel 1272, dopo la richiesta al papa portata avanti da Pietro da Morrone, il futuro Celestino V, che la fece ristrutturare e che fece costruire ulteriori edifici all’accrescersi della comunità.

Di Zitumassin – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=28111363

Il primo documento in cui si parla dell’eremo risale ad un’epoca precedente e riguarda l’edificazione di una chiesa per volere di un monaco di nome Desiderio, che sarebbe poi diventato pontefice col nome di Vittore III. Un singolare personaggio storico che soggiornò a Santo Spirito fu Cola di Rienzo (1347), un condottiero e tribuno romano che, in una Roma dilaniata dai conflitti tra le famiglie nobili, cercò di instaurare una sorta di democrazia e finì poi fatto a brandelli dagli stessi cittadini.

Nel corso dei decenni la struttura andò incontro ad un declino sempre maggiore, tuttavia alla fine del 1500 ci fu un periodo di ripresa. Nel 1586 l’eremo ottenne il titolo di Badia e fu costruita la Scala Santa, nel 1591 vi furono traslate le ossa di Santo Stefano del Lupo, un abate che secondo la tradizione avrebbe ammansito un feroce lupo nei pressi di Manoppello.

Di Zitumassin – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=28112744

Il monastero fu abbandonato nel 1807, dopo la soppressione degli ordini monastici, e la chiesa annessa tornò ad essere un luogo di culto nel 1894. Il nucleo originario dell’edifico è scavato nella roccia e ha due ingressi, uno dei quali ci conduce a quello che, forse, è il luogo di sepoltura di Pietro da Morrone, l’altro ci porta alle tombe dei principi Caracciolo di San Buono.

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