Giorgio William Vizzardelli, il serial killer quattordicenne

Giorgio William Vizzardelli, il serial killer quattordicenne

Giorgio William Vizzardelli, detto il killer di Sarzana, è stato un assassino seriale e il più giovane ergastolano italiano.

I primi delitti

Giorgio nacque il 23 agosto 1922 a Francavilla al Mare, ma trascorse la sua vita a Sarzana, dove il padre Guido era direttore del registro.

Studente indisciplinato e svogliato, Giorgio William Vizzardelli aveva tre grande passioni: la distillazione dell’alcol, le armi da fuoco e il desiderio sfrenato di diventare come il suo mito, Al Capone, e mal sopportava a disciplina richiesta presso la sua scuola, il Collegio delle Missioni di Sarzana.

Il collegio della missione

Il 4 gennaio 1937 il rettore dell’istituto, Don Umberto Bernardelli, venne aggredito nel suo studio e freddato a colpi di pistola. Il colpevole, a volto coperto, fuggì fino alla portineria dove fece fuoco anche contro don Andrea Bruno, poi sparì portando con sé un bottino di 15500 lire. Da subito gli inquirenti si fecero l’idea che la vera vittima fosse don Umberto, uomo integerrimo di giorno e frequentatore di donne di notte, e che don Andrea si trovasse solo al posto sbagliato nel momento sbagliato.

La prima pista, quella del marito geloso, venne però presto accantonata. Poco prima di morire il rettore aveva litigato con Vincenzo Montepagani, studente di ingegneria in difficoltà economiche e con un fisico simile a quello dell’aggressore. Il giovane venne arrestato e processato, ma l’abilità del suo avvocato e la presenza di testimoni a favore gli salvarono la vita. Esaurita anche questa ipotesi, la polizia si trovò ad un punto morto. Nessuno avrebbe potuto sospettare del giovane Giorgio William Vizzardelli.

Ancora sangue

Il 2 agosto 1938 due corpi senza vita vennero ritrovati vicino a Sarzana. Livio Delfini, barbiere, e Bruno Veneziani, tassista, giacevano accanto alla vettura di quest’ultimo, assassinati con due rivoltelle diverse, una calibro 9 e una 6.5.

Delle indagini venne incaricato Paolo Cozzi, che nonostante le pressioni per seguire la pista politica, si convinse che il delitto aveva a che fare con quello, ancora irrisolto, dei due sacerdoti. Cozzi non riuscì però ad arrivare ad una svolta, almeno fino al 29 dicembre 1939.

Quel giorno Guido Vizzardelli, arrivato al lavoro si trovò davanti uno spettacolo raccapricciante: il custode, Giuseppe Bernardini, aveva un’ascia conficcata nella fronte, il cui manico era stranamente appiccicoso. La cassaforte, totalmente vuota, non era stata scassinata e l’unica chiave era in possesso di Guido.

Scattata la perquisizione a casa Vizzardelli, la polizia trovò in cantina delle bottiglie sporche della sostanza trovata sul manico dell’arma. Guido rivelò che quel materiale apparteneva al figlio e quando gli inquirenti scoprirono che Giorgio William Vizzardelli frequentava l’avviamento commerciale proprio al Collegio delle Missioni non ci volle molto a fare il collegamento.

Il processo

Giorgio William Vizzardelli venne convocato per essere interrogato e non ci mise molto a confessare. Don Umberto Bernardelli – rivelò – lo aveva rimproverato una volta di troppo, invece Don Andrea, che forse lo aveva riconosciuto, era stato solo un danno collaterale. Giorgio si era convinto di averla fatta franca, ma Livio Delfini lo aveva disilluso: scoperta la sua colpevolezza lo aveva ricattato.

La notizia della grazia

La notizia della grazia

Vizzardelli decise di dargli appuntamento fuori città e Delfini, forse preoccupato, si recò all’appuntamento in taxi, segnando il suo destino e quello del suo accompagnatore.

Sempre più fuori controllo, a poco più di un anno dagli ultimi delitti, Giorgio compì la sua ultima “impresa”: deciso a trasferirsi negli Stati Uniti, rubò al padre la chiave della cassaforte. Per arrivare al denaro sacrificò l’ultima delle sue vittime, il custode Giuseppe Bernardini.

Giorgio William Vizzardelli venne processato e condannato al carcere a vita, scampando alla pena di morte in virtù della sua età e divenendo il più giovane ergastolano italiano.

Nel 1968 venne graziato dal presidente Saragat e si trasferì a Carrara, dove viveva la sorella. Giorgio morì suicida il 12 agosto 1973,  tagliandosi  un braccio e la gola con un coltello da cucina.

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