Plautilla Bricci, l’architettrice
Plautilla Bricci, un nome che per secoli è rimasto in ombra, oggi brilla tra le grandi figure della storia dell’arte. In un’epoca in cui l’universo della creatività era pressoché dominato dagli uomini, Plautilla si fece strada in modo straordinario, diventando una delle poche donne architetto e pittrice conosciute del Seicento. Ma chi era davvero questa donna? E come ha potuto rompere gli schemi di una società che relegava le donne ai margini della sfera artistica e intellettuale?
Il Vascello
Plautilla Bricci nasce nel 1616 a Roma, in una famiglia modesta ma strettamente legata all’ambiente artistico. Suo padre, Giovanni Bricci, era un pittore e musicista dilettante che ispirò i suoi figli a intraprendere la strada dell’arte. L’influenza paterna, unita a una grande predisposizione, spinse Plautilla a sviluppare un talento che la portò a misurarsi con pittori e architetti del calibro di Bernini e Borromini.
In un mondo come quello barocco, dove la grandiosità e lo spettacolo erano tutto, Plautilla Bricci riuscì a lasciare il suo segno. Sebbene il suo nome sia stato spesso eclissato dalla fama dei suoi contemporanei, Plautilla fu un vero prodigio. A differenza di molte altre artiste dell’epoca, non solo dipinse, ma progettò anche opere architettoniche. La sua impresa più straordinaria fu la progettazione della Villa Benedetta, conosciuta anche come il “Vascello”, commissionata dal marchese Elpidio Benedetti. Questa villa, situata sul Gianicolo, è stata un simbolo dell’audacia di Plautilla. Il suo progetto sfidava le convenzioni dell’architettura classica, integrando un dinamismo barocco innovativo, in cui gli spazi sembravano vivere e respirare.
Immaginate per un attimo una donna del Seicento: in un’epoca in cui alle donne era permesso poco più che occuparsi della casa, Plautilla si trovò a lavorare su progetti d’arte e architettura, collaborando con figure potenti e influenti. Un’impresa incredibile per quel tempo. Non era raro che le donne fossero pittrici – certo, in misura minore rispetto agli uomini – ma vedere una donna con in mano i piani di costruzione di una villa era qualcosa di straordinario.
Un grande talento
Plautilla era anche un’eccellente pittrice. Tra i suoi lavori più notevoli ci sono le pale d’altare che adornano chiese di Roma, come la Madonna col Bambino nella chiesa di San Luigi dei Francesi.
Tuttavia, come molte donne della sua epoca, Plautilla ha dovuto combattere contro l’invisibilità imposta dal suo genere. Le cronache la menzionano di rado, e spesso le sue opere venivano attribuite ad altri artisti, proprio perché l’idea che una donna potesse creare qualcosa di tanto magnifico era inconcepibile. Nonostante questo, il suo nome è giunto fino a noi, anche se spesso relegato a qualche nota marginale o a brevi menzioni.
La sua vita si svolge in una Roma vibrante e caotica, dove l’arte e la politica si intrecciavano in modo inestricabile. Plautilla non era estranea alle trame di potere, vivendo in una città dominata dalle ambizioni papali e dalle lotte tra nobili famiglie. Eppure, attraverso il suo lavoro, è riuscita a ritagliarsi uno spazio di autonomia e rispetto.
Il ritorno alla luce
Il suo legame con la famiglia Benedetti, per cui progettò il Vascello, le permise di entrare a far parte di un ambiente culturale sofisticato e influente. Grazie a questo, Plautilla poté navigare tra le restrizioni imposte alle donne, dimostrando che il talento non conosceva genere, ma solo determinazione.
Alla fine, Plautilla Bricci visse per oltre ottant’anni, lasciandoci non solo opere architettoniche e pittoriche, ma anche una storia di sfide superate e di un talento che riuscì a emergere in un’epoca che faceva di tutto per tenerlo nascosto.
Oggi, il suo nome sta lentamente tornando alla luce, e le sue opere vengono finalmente riconosciute per quello che sono: capolavori che sfidano le convenzioni e raccontano la storia di una donna che non si arrese mai alle aspettative della società.
Nel Seicento, Plautilla era probabilmente considerata una rarità. Ma se potessimo ascoltarla oggi, forse ci direbbe semplicemente che il suo era solo un lavoro come un altro, che amava l’arte e l’architettura come chiunque altro. E che il vero scandalo non è il suo successo, ma il fatto che ci siano voluti secoli per riconoscerlo.