Lucusta, l’avvelenatrice

Lucusta, l’avvelenatrice

30 Dicembre 2024 Off di Anna Maria Pierdomenico

Tra le figure più sinistre e controverse dell’antica Roma, Lucusta emerge come uno dei personaggi più emblematici della violenza che caratterizzava le lotte di potere dell’Impero. Avvelenatrice di professione, il suo nome si lega indissolubilmente ad alcuni degli eventi più cruenti e scandalosi della corte imperiale, in un’epoca in cui le morti improvvise e misteriose erano spesso strumenti di manipolazione politica.

Le origini

Chi era Lucusta, e come è riuscita a diventare un’arma letale nelle mani di chi deteneva il potere?

Le origini di Lucusta rimangono avvolte nel mistero. Si sa poco della sua vita prima che entrasse nel circolo della famiglia imperiale. Secondo le cronache, era di umili origini e proveniva probabilmente dalla Gallia. Fu a Roma, però, che la sua fama crebbe in modo oscuro e macabro. La sua conoscenza delle piante e delle sostanze tossiche la rese un’arma indispensabile per chi aveva bisogno di eliminare i propri nemici in modo discreto ma efficace.

Nel I secolo d.C., Lucusta venne reclutata da Agrippina Minore, madre dell’imperatore Nerone, per compiere un atto decisivo che avrebbe cambiato il corso della storia romana. Agrippina voleva assicurare il trono al figlio, e l’unico ostacolo rimasto era Claudio, suo marito e zio di Nerone. Il veleno di Lucusta, mescolato abilmente al cibo dell’imperatore, avrebbe sigillato il destino dell’uomo. Claudio morì nel 54 d.C., aprendo la strada a Nerone per diventare imperatore.

Ritratto di Agrippina Minore, Museo Archeologico di Milano.
https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=19581190

Una potente arma

Una volta al potere, Nerone non tardò a servirsi delle competenze di Lucusta. La avvelenatrice diventò una figura chiave nelle trame oscure del nuovo imperatore, e i suoi servizi furono richiesti in più occasioni per eliminare rivali e parenti scomodi. Tra i casi più noti vi è l’assassinio di Britannico, figlio legittimo di Claudio, che Nerone considerava una minaccia diretta al suo regno. Anche in questo caso, si racconta che fu il veleno di Lucusta a siglare la fine del giovane principe.

La fama di Lucusta crebbe a tal punto che Nerone le concesse dei privilegi unici. Non solo fu risparmiata dalle leggi contro gli avvelenatori – si racconta – ma le furono anche assegnati una villa e un laboratorio dove poter continuare i suoi esperimenti mortali.

La parabola di Lucusta, però, non durò per sempre. Dopo la caduta di Nerone nel 68 d.C., la sua protezione venne meno. Galba, il nuovo imperatore, decise di epurare la corte dalle figure più compromesse del regime neroniano, e Lucusta non fece eccezione. Arrestata e condannata, fu giustiziata pubblicamente, segnando la fine di una delle figure più temute e odiate di Roma.

Busto di Nerone (Musei capitolini)

Dopo la morte

Come nel caso di altre donne famose e potenti dell’antichità, la figura di Lucusta è stata spesso mitizzata e distorta. La sua abilità nell’uso del veleno l’ha resa un personaggio ideale per raccontare la decadenza morale dell’Impero, e non è difficile immaginare che molte delle storie su di lei siano state esagerate dai cronisti dell’epoca, sempre alla ricerca di un capro espiatorio da demonizzare.

Oggi, Lucusta è ricordata come una delle prime “killer professioniste” della storia. Il suo nome è diventato sinonimo di intrighi di corte, di lotte sanguinose per il potere e di un’epoca in cui la vita umana aveva spesso un valore misurabile in una singola goccia di veleno.

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