Il Taj Mahal – Le meraviglie moderne
Il nostro viaggio attraverso le Sette Meraviglie del mondo moderno è giunto al penultimo appuntamento. Oggi, infatti, parliamo del Taj Mahal, sontuoso mausoleo costruito nel 1632 dall’imperatore moghul Shāh Jahān in memoria dell’amatissima moglie Arjumand Banu Begum, meglio conosciuta come Mumtāz Maḥal.
Le origini
Certo, può sembrare curioso che mentre in Europa si gettavano le basi dell’Illuminismo e dell’epoca moderna, a Oriente si impiegavano ancora le sostanze di un grande Impero per la costruzione di ricchissime tombe, proprio come capitava nelle antiche civiltà. È vero però che la storia non procede alla stessa andatura in tutte le latitudini.
Shāh Jahān era l’imperatore moghul, quello che da noi viene chiamato Gran Mogol e no, le Giovani Marmotte non c’entrano nulla. Per loro il complesso del Taj Mahal era semplicemente noto come “rauza”. Mumtāz Maḥal morì, poveretta, dando alla luce il quattordicesimo figlio dell’imperatore, il quale, forse scoprendo di avere una coscienza, pensò di riparare dedicandole il più maestoso mausoleo della storia.
La costruzione durò 22 anni e vi lavorarono ben 20mila persone, tra cui diversi artigiani provenienti dall’Europa. Non si sa chi sia l’architetto a cui si deve la perfezione del Taj Mahal; il nome più gettonato è Ustad Ahmad Lahauri, seguito dal persiano Ustad Isa. Qualcuno cita anche Geronimo Veroneo.
Se foste passati da quelle parti durante la costruzione, oltre alla massa di operai, avreste visto in azione anche migliaia di elefanti e bufali.
La struttura
La struttura vanta una sorta di ossessione per la simmetria che ne rende ancora più appariscente la perfezione. I materiali utilizzati sono preziosi, in tutto 28 diversi tipi di pietre preziose e semi-preziose, anche se a farla da padrone è il marmo bianco. Il Taj Mahal, allineato ai quattro punti cardinali, vanta splendide torri, sontuosi giardini e ancora minareti, nicchie decorate e grandi cupole.
Alla fine dei lavori, l’imperatore Shāh Jahān ci aveva preso gusto ed ebbe un’idea geniale: sull’altra sponda del fiume Yamuna iniziò i lavori di una struttura identica che sarebbe diventata il suo mausoleo personale. Poca fantasia, dite? Il colpo di genio era nell’utilizzo del marmo nero, una sorta di gemello dark un po’ come nelle storie dei supereroi.
A questo punto, però entra in scena un guastafeste: Aurangzeb, uno dei tanti figli, allarmato dal fatto che il padre stia prosciugando le casse per i suoi imponenti giocattoli, lo fa deporre e lo imprigiona. La struttura viene quasi subito abbandonata e depredata da tombaroli per secoli. Durante la dominazione inglese è talmente in rovina che Lord William Bentinck – almeno così si dice – prepara un piano per demolirlo.
Il successore, Lord George Nathaniel Curzon, lo fa invece restaurare. Nel XX secolo il Taj Mahal conosce una nuova giovinezza e viene protetto da impalcature durante la II Guerra Mondiale per preservarlo da possibili bombardamenti. Un pericolo più subdolo, però, lo minaccia: l’inquinamento che fa ingiallire il marmo e costa al governo interventi molto dispendiosi.
Le curiosità
Diverse le curiosità attorno all’opera, anche se spesso si tratta di leggende senza fondamento. L’impalcatura attorno alla costruzione, per esempio, talmente complessa e fatta di mattoni che, alla fine, avrebbe richiesto cinque anni per essere smontata. L’imperatore disse allora che chiunque avrebbe potuto prendere i mattoni per sé, se avesse collaborato allo smontaggio. Risultato: l’impalcatura sparì in una notte!
Altra perla, ovviamente senza riscontri: Shāh Jahān, preoccupato che qualcuno potesse eguagliare la bellezza delle decorazioni, fece tagliare le mani a tutti gli artigiani che le avevano scolpite e decapitare l’architetto.
Probabilmente la crudeltà dell’imperatore non arrivava a tanto, fatto sta che dobbiamo al suo delirio di onnipotenza e a quello che sembra proprio un amore disfunzionale verso la moglie, una delle grandi meraviglie architettoniche del mondo. A patto che un’altra follia dell’uomo, l’inquinamento, non ce la porti via.